Coat of Arms of the Head of House Tortora Brayda, as revised and confirmed by H.M. King Umberto II of Italy (1982)
Coat of Arms of the Head of House Tortora Brayda, as revised and confirmed by H.M. King Umberto II of Italy (1982)

Benvenuti nel Portale Ufficiale della Casata Tortora Brayda



Questo sito web costituisce l'archivio digitale ufficiale della Casata Tortora Brayda — un omaggio vivente alla nostra stirpe, al nostro patrimonio e alla nostra tradizione. Riunisce, in un'unica e duratura piattaforma, generazioni di storia, tradizione nobiliare e ricerca accademica.

Nata come iniziativa privata di conservazione, questa opera si è evoluta in un importante progetto di restauro. Nel corso dei secoli, i nostri archivi familiari hanno subito le devastazioni di furti, incendi e degrado naturale. In risposta, abbiamo intrapreso una missione per salvare ciò che rimaneva — recuperando manoscritti secolari, pergamene e documenti genealogici, sottraendoli all'oblio e trasformandoli in un'eredità digitale sicura per le generazioni future.

Questa piattaforma rappresenta il nostro primo tentativo ufficiale di consolidamento del patrimonio familiare, strutturato in tre sezioni principali:

  • Genealogia: Un albero genealogico autenticato che traccia la linea patrilineare ininterrotta di discendenza, supportato da prove archivistiche e storiche.

  • Archivio: Una collezione curata di documenti di rilevanza giuridica, diplomatica e storica.

  • Luoghi Storici: Siti di rilevanza ancestrale, accompagnati da annotazioni e contesto storico.

Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza la dedizione di rinomati conservatori internazionali:

  • Kathleen Orlenko, già Capo Conservatore presso le Biblioteche dell'Università di Stanford e gli Archivi Nazionali degli Stati Uniti (Regione Occidentale), ha supervisionato il restauro fisico, la scansione e la conservazione dei reperti più fragili.

  • Dott.ssa Diana Ferrara, esperta di storia italiana tra il XVI e XVIII secolo e ricercatrice dottorale presso l'Archivio di Stato di Capua, ha guidato la traduzione dal latino, la catalogazione e l'interpretazione delle pergamene feudali.

La nostra aspirazione è che questo sito diventi non solo un riferimento per discendenti e rami familiari estesi, ma anche una risorsa di valore per storici, genealogisti e studiosi della nobiltà italiana ed europea.

Cenno Storico

La famiglia Tortora Brayda è conosciuta come un'antica casata nobiliare di Napoli, con origini longobarde e franche.

La casata discende in linea patrilineare diretta dalla dinastia dei Guideschi (o Widonidi).

Già al volgere del primo millennio, la casata era conosciuta sotto lo pseudonimo di Giffoni o de Jefuno. La loro ascendenza longobarda e poi franca risale a Guaimario IV, Principe di Salerno, Giovanni Lamberto II, Principe di Salerno, e Lambert II, Duca di Spoleto, figlio di Guido di Spoleto, Imperatore del Sacro Romano Impero, fino a Garnier I di Borgogna, primo Conte di Poitiers.

Abbandonato il Principato di Salerno, la casata si trasferì nell'antico municipio romano di Blanda Julia, oggi situato in Calabria settentrionale, eleggendolo a propria sede. Il castello della famiglia era noto per ospitare tortore (dal latino turturae), e ciò valse loro il soprannome di "Signori delle Tortore". Il territorio assunse infine il nome di Tortora (Archivio di Stato di Napoli, Registro del Re Carlo I d'Angiò, n. 1269, ff. 143 e 144).

La casata deteneva privilegi feudali anche sui territori di Casilino, Roggiano e Belvedere (Archivio di Stato di Napoli, volume: Privilegiorum, anno 1767, f. 886). Inoltre, era iscritta nel patriziato di Bisceglie e Molfetta. Il Re Filippo II di Spagna riconfermò i privilegi aristocratici con un Real Decreto del 29 gennaio 1579 (Archivio di Stato di Napoli – volume 69 de' Privilegi, anni 1577/79, f. 268). L'Imperatore Carlo VI riconobbe la nobiltà antica con Decreto Imperiale del 10 aprile 1730.

L'11 dicembre 1781, il matrimonio tra Carlo Tortora e Francesca Brayda, unica figlia del Marchese Michele Brayda, Patrizio di Giovinazzo, sancì l'unione dinastica, onomastica e araldica delle due casate.

Gli antenati dei Brayda governarono la Provenza in epoca merovingia: Ubaldo Brayda fu Governatore della Provenza e Comandante Generale delle Armate di Re Clodoveo. La casata si stabilì successivamente a Brayda (oggi Bra, nei pressi di Asti), da dove governò la regione tramite i castelli di Alba e Moliterno.

Tramite alleanze matrimoniali, Moliterno passò poi agli Svevi, e successivamente a Federico II di Hohenstaufen ("Barbarossa") e a suo figlio illegittimo Manfredi, Re di Sicilia.

Dopo la morte di Manfredi nella battaglia contro gli Angioini (1266), Moliterno passò sotto il dominio angioino. Re Carlo I d'Angiò concesse il feudo e il castello a Oddone Brayda, Generale della Cavalleria reale.

(Diploma di Carlo I d'Angiò, anno 1269: Castrum Moliterni cum hominibus et pertiis torri et blandis contentis in eo).

La casata Brayda mantenne il dominio su Moliterno per 108 anni (1268–1477). In tale periodo, la città fu ripetutamente attaccata da ribelli svevi.

Odolina d'Aquino, baronessa vedova di Oddo Brayda, ottenne dal Re il feudo di Sanseverino come compensazione.

Oddo Brayda partecipò alla battaglia di Tagliacozzo (1268) contro Corrado di Hohenstaufen, meritando i favori del Re. Nel 1269 ricevette il feudo di Moliterno, confiscato ai ribelli svevi.

Nel 1273 sposò Odolina Aimone d'Aquino, nipote di San Tommaso d'Aquino. Dall'unione nacquero Ruggiero, Margherita, e Oddone (postumo), il quale fu affidato alla tutela regia.

Michele Brayda, Marchese di Carife e privo di eredi maschi, ottenne che la sua casata fosse fusa con quella dei Tortora. I titoli e i feudi trasmessi includono:

Duca di San Pietro in Galatina (1608), Marchese di Rapolla (1605), Specchia (1570), Soleto (1613), Carife (1602), Conte di Alessano (1572), Serramezzano (1621), Barone di Avigliano, Barrile, Bisaccia, Bruzzano, Cancellara, Capiti, Casaletto, Casalorda, Castel San Marco, Castigliano, Chiusano, Collecorvino, Corleto, Cornigliano, Frigiano, Ginosa, Giugliano, Melissano, Moliterno, Monte, Montemilione, Montesano, Monteverde, Nevano, Pati, Pietralomba Plantellario, Ruggiano, Ruffano, Salignano, Sanchirico, Sandano, Sanseverino di Camerota and Scorrano.

Riconoscimento Reale

Nel 1900, Gian Lorenzo Tortora Brayda, capo della casata, fu riconosciuto per diritto successorio dalle illustri famiglie Carafa della Spina e Severino Longo, con Decreto Reale dell'11 gennaio 1900 (pubblicato l'8 marzo 1900, Volume 77, p. 96).

I titoli concessi furono:

  • Duca della Chiusa, Duca di Forlì

  • Marchese di San Giuliano, Marchese di Belvedere

  • Conte di Policastro, Barone di Teverola,

  • Signore Nobile di: Pascoli, Palmoli, Fratta Piccola, Sapri, Libonati, Pardinola, Molfetta.

Suo figlio Francesco fu Cavaliere di Giustizia del Sovrano Militare Ordine di Malta.

Convalida di S.M,. Re Umberto II

L'ultimo Re d'Italia, Umberto II, con Decreto Reale del 2 aprile 1980, riconfermò il titolo di Marchese originariamente concesso nel 1754. In tale occasione, fu autorizzata la quartatura dello stemma della casata Tortora Brayda con il simbolo del Leone di Giuda, a testimonianza dell'unione con la Casa Imperiale di Salomone.

Arma: Quartata. Il 1º e 4º partito: d'azzurro, tre monti verdi, una tortora centrata, sovrastata da tre stelle d'oro disposte in fascia; il secondo partito d'azzurro con tre chevron d'argento. Il 2º e 3º di rosso, con leone passante rivoltato, bordi rossi.

Motto: Fortiter in re, suaviter in modo.


La dinastia dei Guideschi, nota anche con il nome di Widonidi, fu una potente casata nobiliare franca emersa tra l'VIII e il IX secolo, che svolse un ruolo di primo piano negli affari politici e militari dell'Impero Carolingio e dei suoi stati successori in Italia. Originari dell'aristocrazia austrasiana, i Guideschi erano strettamente legati alla famiglia reale carolingia sia per vincoli di sangue che per fedeltà, e spesso ricoprivano le cariche di duchi, conti e marchesi incaricati della difesa delle frontiere imperiali.

Il loro fulcro territoriale si concentrava nei ducati strategici di Spoleto, Benevento e Camerino, da cui esercitavano una notevole influenza su gran parte della penisola italiana, specialmente nei periodi di frammentazione del potere carolingio.

Tra i membri più illustri della dinastia si annovera Guido III di Spoleto, che ascese al trono d'Italia e fu incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero nell'anno 891, e suo figlio Lamberto II, che co-regnò con il padre e gli succedette nella dignità imperiale. I Guideschi si distinsero non solo per il loro valore militare, in particolare nelle campagne contro i Saraceni e le fazioni lombarde rivali, ma anche per il loro profondo mecenatismo ecclesiastico e l'impegno nella fondazione di istituzioni monastiche.

La loro eredità sopravvive attraverso le casate nobiliari che discendono da questa linea, tra cui la Casata Tortora Brayda, che rivendica una discendenza patrilineare diretta. La dinastia dei Guideschi rappresenta un esempio emblematico della fusione tra l'aristocrazia guerriera franca e la nascente nobiltà feudale italiana, lasciando un'impronta indelebile sul panorama politico e culturale dell'Europa altomedievale.

La Dinastia dei Guideschi

(Widonidi)

Cenno Storico - I Tortora Brayda dalle origini ad oggi.

Tommaso d'Aquino, frate domenicano del XIII secolo, filosofo e Dottore della Chiesa, rimane una delle figure più eminenti nella storia del pensiero teologico e intellettuale dell'Occidente. Nato nel 1225 nei pressi di Roccasecca, nel Regno di Sicilia, da una nobile famiglia longobarda, era figlio del Conte Landolfo d'Aquino e di Teodora di Theate, entrambi titolari di titoli e possedimenti nobiliari legati al Sacro Romano Impero. Nonostante la ferma opposizione familiare — che giunse fino alla sua momentanea reclusione per impedirgli di entrare nell'Ordine dei Domenicani — Tommaso abbracciò una vita di devozione intellettuale. La sua opera monumentale, la Summa Theologica, rappresenta una sintesi magistrale tra la dottrina cristiana e la logica aristotelica, affrontando con rigore intellettuale temi fondamentali come Dio, la legge naturale, l'etica e la salvezza. Essa costituì il pilastro della scolastica medievale e continua a esercitare un'influenza determinante sulla teologia e la filosofia contemporanee.

La nobiltà della famiglia d'Aquino non si esaurisce nella figura di Tommaso. Tra i suoi consanguinei si annovera Odolina d'Aquino, sua nipote. Odolina sposò Oddone (Oddo) Brayda, nobile longobardo originario di Alba, nel nord Italia, al quale Carlo I d'Angiò concesse nel 1269 il feudo di Moliterno, in Basilicata, in seguito al valore dimostrato nella battaglia di Tagliacozzo. Questa unione strategica tra le casate d'Aquino e Brayda non solo consolidò il potere feudale di entrambe le famiglie, ma intrecciò anche un filo sacro di eredità filosofica e teologica nel sangue dei Brayda. Da questo matrimonio nacquero tre figli: Ruggiero, Margherita e Oddone II, il quale proseguì la discendenza.

Attraverso una serie di successivi matrimoni nobiliari e successioni ereditarie, tale linea evolse nella Casata Tortora Brayda, unendo l'ascendenza carolingia, longobarda e franca all'eredità intellettuale dello stesso San Tommaso d'Aquino.

Così, la Casata Tortora Brayda conserva oggi non soltanto i titoli e le terre della nobiltà medievale, ma anche un legame genealogico e simbolico diretto con uno dei massimi pensatori della cristianità. Questa convergenza di eredità spirituale, intellettuale e aristocratica continua a definire l'identità storica della famiglia, da Moliterno e Giovinazzo fino a Belvedere Marittimo e oltre.

San Tommaso d'Aquino

Immagine di San Tommaso d’Aquino raffigurato nell’atto di istruire il Papato e l’alto clero, simbolo della sua autorevolezza teologica e della centralità del suo pensiero nella dottrina ecclesiastica medievale.
Immagine di San Tommaso d’Aquino raffigurato nell’atto di istruire il Papato e l’alto clero, simbolo della sua autorevolezza teologica e della centralità del suo pensiero nella dottrina ecclesiastica medievale.

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Il Retaggio della Casata 

La Casata Tortora Brayda è una famiglia nobile di antichissima origine longobarda e franca, la cui eredità abbraccia oltre sette secoli di storia europea e mediterranea. Riconosciuta tanto da autorità regie quanto ecclesiastiche, la famiglia ha detenuto titoli quali Marchese di Belvedere, Duca della Chiusa, Conte di Policastro e Barone di Tortora. La sua linea genealogica affonda le radici nella tradizione dinastica dei Guideschi e degli Agilolfingi, con legami documentati con le famiglie Carafa, Conti e Pignatelli, nonché un collegamento materno con la dinastia salomonica etiope.

Questa pagina presenta una collezione curata di fonti primarie provenienti dall'Archivio di Famiglia Tortora Brayda — uno dei pochi depositi documentari sopravvissuti a conservare copie notarili di atti andati perduti con la distruzione dell'Archivio di Stato di Napoli durante la Seconda Guerra Mondiale. I documenti includono Lettere Patenti di re Carlo V e Ferdinando d'Aragona, bolle pontificie di Papa Innocenzo XIII e conferme nobiliari emesse da Re Umberto II durante il suo esilio.

Tra i pezzi più preziosi si annoverano le Lettere Patenti del 1982, che riconoscono l'eredità marchionale di Francesco Tortora Brayda di Belvedere, nonché un testamento del 1325 redatto da Policane de Alneto, nobile napoletana le cui disposizioni testamentarie rivelano intricate alleanze matrimoniali con importanti casate quali i Pignatelli, i Cantelma e i Tomaselli.

L'archivio offre a studiosi e discendenti una finestra privilegiata sulle dimensioni giuridiche, spirituali e feudali della vita aristocratica nell'Italia meridionale. Attraverso questi documenti, la Casata Tortora Brayda riafferma non solo la propria nobiltà storica, ma anche il suo ruolo perdurante quale custode di un'eredità europea vivente — ricca di tradizione, vincolata dal dovere e plasmata dalla devozione nel corso delle generazioni.